IL CANTO DELLO SCIAMANO
2011 - Premio Nazionale "La Luna e il Drago" 3° edizione racconto selezionato e inserito nell'antologia LA LUNA E IL DRAGO (...) Ti ho sognato, le dita intrecciate delle nostre mani tessevano orditi nell’aria. Mentre allungavo le braccia tu svanivi. Dove sei, stella mia? (...) T orno dalla mia terra per incontrare nuova terra. Pratico una traiettoria radente il suolo per perdermi poi nell’infinito del mio volo. Non posseggo casa o specchi che riflettano il mio presente in immagini distanziate. Sono tutt’uno con l’universo e muovo i miei passi verso me stesso che incontro e rincontro nei miei viaggi. Adesso sono nello spazio che occupo e, messe in valigia le vesti dello straniero, percorro questo mondo in lungo e in largo dopo essermi perso, anch’io, in questo territorio in stato di guerra. Ma qui comincia il mio canto. Ti ho sognato, le dita intrecciate delle nostre mani tessevano orditi nell’aria. Mentre allungavo le braccia tu svanivi. Dove sei, stella mia? Nel tempo ti cerco, seguendo tracce di luce, sperando di trovarti ad ogni svolta dei miei passi. So che sei dentro di me, eco di canto antico che riverbera nello spazio dei miei pensieri. Tra la notte e il giorno si perde il ricordo nitido ma quella scia di canto io seguo e ritmo dentro di me il suono delle strofe che conoscevo un tempo. Pian piano costruisco di nuovo le fondamenta del mio essere, nel tempio che mi vede prigioniero di un sogno che va solo risvegliato. Posseggo le arti e la sapienza di rinverdire il mio stato di appartenenza all’universo. Non più separato, non più esiliato, di nuovo insieme il mio cuore a quello del creato. Sento il battito espandersi nella mia preghiera e canta la terra unendo la frequenza, vibrazione d’amore intenso. Adesso, di nuovo, sono. Ho camminato in diversi mondi e mi trovo ora qui, insieme ad altre anime approdate nei secoli a popolare questo mondo. Punto di ritrovo, convergenza di spiriti che rispolverano la memoria per risollevare il velo sul bagliore eterno. Batto sul mio tamburo nella solitudine delle grotte ma è giunto il momento di ascoltare altri strumenti e riaccordare insieme l’orchestra celeste. Dal settimo cielo dal quale sono sceso un tempo, ho seguito le mie tracce fiutando l’aria e riconoscendo le orme lasciate dai miei antenati, che mi precedono in questo viaggio. Da loro ho imparato l’arte di comprendere cielo e terra e a riconoscere i segnali del passaggio divino. In ogni cosa ritrovo il sentore di quella lezione e rimpasto il mio sapere con la conoscenza di adesso. Chi sono e dove vado non sono più domande lanciate nel vuoto perché qualcuno mi rimandi la risposta e con questa consapevolezza percorro le vie del mondo. Mi siedo sotto i raggi della luna, mi accarezzano dolcemente i pensieri e li trasformano in scie argentate che si perdono nello spazio, rincorrendo le stelle. E io sono libero. Senza ancore a tenere la mia nave in porto, senza ricordi di passi pesanti che impediscono il volo. La mente è libera, spazio infinito adesso per accogliere visioni. Il cuore non ha vincoli ma un solo sigillo di pace. Sono pronto ad accedere alla realtà più vasta che popola il cosmo per riportarla dentro il mio corpo in parole e gesti che risveglieranno gli animi. Questo il mio compito, danzare, intonando un canto che non ha parole svelate ma misteri chiusi nei suoni antichi che vibrano al contatto con l’aria. Tu mi ascolti, credendo di sentire l’eco di un viaggio lontano. Spegni il rumore, entra nel bosco del silenzio che permette ai tuoi sensi di diventare recettori potenti. Accorda lo strumento nel tuo petto e canta con me. Stella di luce che ci hai creati, misteriosa espressione di vita al centro di un universo che non ha confini, portami da un posto all’altro del tuo grande regno di pace. Ricorda alla mia anima il suo nome e riconducimi al pascolo dei tuoi verdi prati. Mi chinerò sulla fonte e assaporerò di nuovo il liquido divino che mi porgesti un giorno. I nostri passi si incroceranno, quando smetterai di credere di esistere solo per un momento. Tolgo il telo che protegge il mio tamburo e preparo le mani per imbandire l’aria col ritmo serpeggiante che sale e avvolge. Conosco le battute e il tempo di ogni colpo, ipnotizzante cadenza. Spiriti danzatori disegnano figure nello spazio. Sono una nota nel concerto dell’universo. La mia voce raggiunge tonalità di cui solo l’Uno, al centro del suo mistero, conosce l’origine. L’estensione non dipende dal fiato che ho in gola, la fonte che la crea è oltre me. Le parole nascono dal petto del creatore e attraverso di me, suo cantore, si liberano nell’aria per farsi catturare da cuori intrepidi e cercatori di se stessi. Canto e la mia voce si fonde con tutto intorno. E ora è per te che canto, Terra mia. Accogliente madre, espressione di bellezza che molti non riescono più a vedere, trascinati sugli allori di falsi trionfi, perduti nella nebbia di falsi orizzonti. È te che imploro, Grande Spirito, perché possiamo tutti tornare a guardare con gli occhi originari che ci donasti un giorno. Dacci la forza di toglierci la corazza pesante della nostra paura, di tornare ad usare la nostra vera voce, affinché nelle strofe di questa eterna canzone ognuno possa iscrivere le proprie parole. Così mi hai insegnato, e ti ringrazio per accompagnarmi ancora, fino alla fine di questo mio viaggio. Ascolto la nota più alta e la prendo, tessendole intorno gorgheggi diversi, come versi di animali che accolgono la bella stagione, come fronde di rami irrorati dall’acqua di un ridente acquazzone, come anime deste per l’inizio di una nuova creazione. Lascio librare in alto il suono perché ricada intorno come un vortice d’aria che alza i capelli e spalanca le bocche in sgorganti risate. Un abbraccio che tutto comprende, dalle strade, ai pianeti, alle stelle. Arcobaleno che si stende dal giorno alla notte, passaggio di sogni e miracoli e vita. E questo sia nell’avvenire del tempo, per tutti, per tutto, per sempre. Batto sul tamburo e canto. Ti ho riconosciuto anima mia e non ti camminerò più accanto come un viandante che passa per caso. Ora siamo in viaggio verso casa, insieme. |